Maurizio Marinelli MDL 1-20


Spiando il viaggiatore
di Daniele Pugliese

Flügel

Uno dei più grandi geni della letteratura ha intitolato un capitolo del proprio capolavoro Lo scrittore visto da tergo. Il genio è Musil e il capolavoro L’uomo senza qualità.
Il titolo di quel capitolo mi è tornato alla mente guardando per la prima volta “dal vivo”, in un garage del centro di Bologna, alcuni quadri di Maurizio Marinelli.

Li conoscevo già, perché li avevo visti su internet e forse perché, prima che nascesse internet, conoscevo Marinelli. Conoscevo Marinelli e la sua dimestichezza con il mondo dei segni, delle immagini, dei messaggi, della creatività, ma non la sua militanza. Ero certo che conoscesse la tecnica, se non altro intesa come il complesso delle tecniche e lo sguardo d’insieme che può darti la teoria. Non escludevo che avesse pratica, ma fin quando quelle macchie, quegli spruzzi, quegli incroci non sono comparsi sullo schermo del mio computer, dubitavo che l’avrei visto all’opera.

Ero scettico sulla possibilità che il mio amico si cimentasse, in quest’attività come in altre, perché avevo conosciuto ed apprezzato la sua ritrosia, la sua genuina modestia, il suo sincero schermirsi, quell’inclinazione del carattere che gli anglosassoni ci hanno insegnato a chiamare understatement. Un modo di sminuirsi che non gli ha mai impedito di enfatizzare le cose, di appassionarsi ad esse, di entusiasmarsi per un progetto, un proposito, una velleità. E ancor più per le persone che quel progetto, quel proposito, quella velleità stavano esponendo.

Se avesse visto, se vedesse e se vedrà, “di tergo”, qualcuno che, con altrettanto trasporto, si sta cimentando con quei colori, con quelle chimere, avrebbe un fremito, trattenuto certo dalla sobrietà degli anni e degli intendimenti, ma un fremito, non dissimile forse da quello che deve percuoterlo leggendo, che so io, Flaubert o ascoltando Gershwin o ammirando Gropius.

E insomma non riesco a non immaginarlo di tergo, come se lo stessi spiando, dinanzi al suo foglio o alla sua tela o a chissà quale altro diamine di superficie, in quella confessione a se stesso che solo chi è dentro in pace può permettersi.

Potrebbe fare un viaggio in Vietnam o salire un sentiero delle Dolomiti o presiedere un consiglio d’amministrazione o ingegnarsi intorno a un computer: sarebbe lo stesso.

Solo che dinanzi alle sue tele piene di colori è come vederlo da tergo, facendosi venire in mente Clarisse, Ulrich e Arnheim.

(Firenze, Ottobre 2001)

< Entrata >